domenica 14 ottobre 2012
IL BAMBINO CONTESO
E' una scottante attualità. Nessuno avrebbe voluto vedere quelle immagini in TV ma, il problema, è certamente più complesso. L'Italia è un paese strano: prima ci si lamenta della lentezza della giustizia, poi, ci scandalizziamo quando una sentenza è eseguita, a distanza di oltre due anni, in una maniera, certamente non piacevole. Tutti a gridare allo scandalo, alla scuola profanata, al diritto del bambino, al dalli al poliziotto ma, nessuno, e dico nessuno a risposto a questa domanda: come si sarebbe dovuto fare? L'opzione più corretta era coinvolgere la mamma affinchè convincesse il ragazzo: impossibile, le avete viste in TV mamma e, soprattutto, zia?. Altri tentativi erano falliti per la regia, comprensibile ma non scusabile, dell'enturage familiare che ha fatto di tutto, con premeditazione, per rendere vano il verdetto di un giudice. "Il bambino è plagiato", lasciamo stare quella malattia inquadrata negli USA , domandiamoci: è il primo bambino che mamma o Papà tengono in ostaggio facendogli, giorno dopo giorno, il lavaggio del cervello?. Non è il primo e non è l'ultimo. E' bastato poco ad un attento osservatore come Me, di giudicare mamma e zia: una mamma giustamente incapace di accettare un verdetto, una zia, credo zitella, che si è assunta il ruolo di novella Giovanna D'Arco che combatte potere giudiziario e potere maschilista sino all'estremo sacrificio. Sono maschietto e per me è facile far pendere il mio giudizio verso il padre del ragazzo, credendo al plagio del bambino da parte della mamma ma, a sostegno della mia ipotesi, porto una sola informazione: avete mai sentito di un padre che uccide il proprio figlio?, non non è mai successo, succede alle mamme che, credo più a torto che a ragione, ritengono il figlio una proprietà privata, quasi una esternazione fisiche di se stesse, concetto che loro concretizzano nel cordone ombelicale che, spesso, non sanno recidere con grave nocuimento per i figli. I figli non sono di nessuno, rappresentano solo un atto d'amore ed il segno concreto di quell'obbligo atavico e genetico di proseguire la specie. Devono essere rispettati nella loro individualità ed allontanati, per quanto possibile, da quella macchina infernale che è rappresentata dalla TV del dolore. Poveri Noi.
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