lunedì 18 novembre 2013

RE GIORGIO

E re Giorgio, seduto sul trono, invitò i ministri ad accomodarsi. Lui era seduto sul trono dietro una scrivania, quella del messaggio di fine anno, e loro si accomodarono su 5 piccole poltroncine dell'800 che sembravano fragilissime, di velluto rosso e poco comode. Ai lati della porta due corazzieri di oltre 2 metri sfoderavano una spada luccicante e sembravano due ritratti come quelli che drappeggiavano tutta la stanza. Un odore di vecchio, di antico si diffondeva nella stanza mentre un silenzio irreale li avvolgeva. Alfano guardò Lupi, Lupi guardò Quagliariello, Quagliariello guardò la Lorenzin che a sua volte volse lo sguardo verso la De Girolamo, in piena ambasce per una gonna sopra il ginocchio che non ne voleva sapere di coprire le sue gambe. La luce era abbastanza fioca ed il segretario di re Giorgio uscì dalla stanza non prima di essersi esibito in un profondo inchino. Re Giorgio con tono fermo e pacato pronunciò poche parole con termini aulici ed accorati; parlò di Stato, di partigiani che sono morti per la nostra libertà, parlò di Cavour e Mazzini coin un piccolo accenno a Silvio Pellico ed alle sue prigioni. Fece qualche esempio ricordando Hitler, Mussolini ed invocando il braccio vendicativo di Dio per coloro che usano le donne, le circuiscono e le costringono ad una via di perdizione a differenza di Maria Goretti e di tanti santi che avevano rigettato il sesso, il diavolo. Infine, nel salutare, quasi ricordando un pensiero da esprimere fece loro alcune domande retoriche che non ammettevano risposta diversa: ma voi mica.................................;e concluse dicendo che li considerava amici e che da ora loro sarebbero stati i paladini della stabilità, gli Enrico Toti dell'europa unita. Con un cenno della mano furono accomiatati ed uscirono dalla stanza passando tra i corazzieri che fecero il saluto militare mentre in lontananza ascoltavano le note dell'inno d'Italia.
Un sorriso splendeva sul loro viso ed a testa alta cominciarono a scendere le scale. Poi, pian piano il sorriso scomparve e la testa cominciò a reclinarsi e percorsero gli ultimi metri, prima di uscire, con lo sguardo in basso e, si notava, almeno in Angiolino Alfano, una lacrima che scendeva sul suo viso. 

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